Quando ci innamoriamo di qualcuno, si tratta di un avvenimento puramente casuale o no? C’è qualcosa di predeterminato che ci guida in questa scelta o, invece, è il risultato dell’interazione di diverse variabili, sia biologiche che psicologiche?
Secondo le più accreditate teorie evoluzionistiche, da un punto di vista biologico l’uomo sceglie da sempre partner che gli diano maggiori probabilità di garantire la sopravvivenza della sua prole. Questa esigenza della specie si è tradotta nell’uomo e nella donna in meccanismi e strategie distinti di selezione dei propri partner.
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Nell’uomo, le strategie migliori per assicurarsi una buona discendenza sono state quella di massimizzare il numero di rapporti sessuali con partner diversi e quella di preferire, in maniera del tutto inconsapevole, quelle caratteristiche femminili di per sé indicative di salute, giovinezza e fertilità. La bellezza è da sempre un segnale di benessere fisico e di salute. Ancora oggi, come millenni fa, l’evidenza empirica ci suggerisce che gli uomini siano maggiormente attratti da donne giovani e belle.
Le femmine, invece, hanno da sempre preferito e scelto uomini con caratteristiche di maggiore disponibilità a proteggere ed accudire la famiglia, esprimendo la preferenza per partner che hanno un atteggiamento accudente e protettivo.
Su un piano più propriamente psicologico e sociologico, invece, ciò che ci guida nella scelta del nostro partner è, in linea generale, il principio della somiglianza. Molti studi sembrerebbero confermare che le coppie durature sono caratterizzate da un’alta somiglianza fra i partner rispetto a valori, caratteristiche di personalità e interessi.
Un altro aspetto fondamentale che ci guida nella scelta del nostro partner ha radici più profonde. Nella relazione con il partner ognuno di noi porta una propria precisa modalità, un modello di come quella relazione sarà e di cosa ci aspettiamo da essa. E’ uno “schema” che ricalca in linea generale quello che abbiamo sperimentato nel corso delle nostre primissime relazioni significative, ovvero quelle con i nostri genitori.
Le modalità relazionali sperimentate all’interno della famiglia modellano costantemente la nostra modalità di percepire il mondo intorno a noi, indirizzando la nostra capacità di scegliere. In questo senso vediamo come la scelta del partner, così come altre scelte significative, vanno ad attingere ad un bagaglio esperienziale che si costituisce lungo l’arco della nostra vita, fin dalle prime ore.
Le persone, quindi, vivono le relazioni sentimentali non solo sulla base degli aspetti “pragmatici” e coscienti della relazione con l’altro, ma anche in funzione delle rappresentazioni interne, di schemi che hanno costruito nel corso dell’esistenza all’interno dei rapporti più significativi.
Quando due persone si incontrano ognuna porta con sé un bagaglio di modelli e abitudini relazionali, di “teorie” e aspettative, di bisogni da soddisfare, di domande alle quali rispondere per trovare una via d’uscita a difficoltà sentimentali precedenti, fantasie e bisogni evolutivi, o regressivi, spesso legati a ruoli e funzioni assunte all’interno della famiglia di origine o a precedenti rapporti di coppia.
Ma cosa del proprio bagaglio personale peserà maggiormente nell’effettuare la scelta?
Gli aspetti implicati nel meccanismo di scelta sono molteplici:
L’altro, il partner, è sempre, in parte, usato narcisisticamente come un contenitore per alcune parti di noi, cioè in lui proiettiamo uno o più aspetti complementari di noi. Questo meccanismo può investire parti idealizzate del sé, come per esempio nell’innamoramento, o parti indesiderabili e difficili da gestire.
La scelta del partner, da questo punto di vista, è tutt’altro che casuale. Il prescelto deve rappresentare il contenitore “adatto” alle proprie proiezioni e questo deve avvenire per entrambi i membri della coppia: si creano così contesti interattivi circolari all’interno dei quali entrambi i coniugi si trovano ad agire e pensare inconsapevolmente secondo modalità analoghe o contrarie a quelle indotte nell’altro dalle proprie proiezioni.
In questo senso diversi autori, primo tra tutti Dicks, si riferiscono al matrimonio come a una relazione terapeutica naturale, cioè a un terreno comune di scambio all’interno del quale è possibile trovare un contenitore idoneo all’elaborazione ed integrazione dei nuclei non risolti di ognuno di noi. In quest’ottica i lutti e le separazioni sono esperienze molto difficili da affrontare perché comportano la perdita, oltre che della persona reale, anche di aspetti del proprio sé, del senso di identità ed equilibrio interno che è stato affidato all’essere in coppia.
Un ulteriore aspetto coinvolto nella scelta del partner ha a che fare con come ci rappresentiamo il “noi”: questa rappresentazione interna della relazione con l’altro permette di discriminare affettivamente ciò che può essere condiviso da ciò che non lo è. Il tema della condivisione rimanda automaticamente anche al suo contrario, cioè al senso di esclusione, e a come sono stati affrontati non solo i momenti di non incontro con le figure significative, ma anche quelli di esclusione all’interno di dinamiche triangolari, quelle edipiche innanzi tutto, ma anche quelle che coinvolgono i fratelli.
Ogni individuo trova nell’universo di valori familiari e nei suoi miti una peculiare collocazione, funzionale alla soddisfazione dei suoi bisogni primari e al suo equilibrio psico-affettivo. Il mito familiare da un lato ha una funzione omeostatica perché, assicurando continuità all’identità dei suoi membri e alle relazioni reciproche, funziona come mezzo di resistenza al cambiamento; dall’altro, con il tempo, può subire delle modificazioni importanti e questo spesso avviene in corrispondenza delle tappe evolutive, in cui è richiesta una modificazione funzionale dei rapporti all’interno del sistema.
Quando il mito familiare prevale sui bisogni individuali, la spinta a realizzarlo è tale da sostenere la convinzione che esso esprima il tipo di legame più idoneo a soddisfare le esigenze individuali; in altri casi, si può invece assistere a una ribellione al mandato e a una conseguente scelta del partner con caratteristiche opposte a quelle previste.
In entrambi i casi è comune che le aspettative sul piano affettivo rimangano insoddisfatte. Comunque, quanto più il mito sarà ricco e articolato, tanto maggiori saranno le possibilità di scelta e sviluppo individuale; al contrario, tanto più una componente prevarrà sulle altre, quanto minori saranno le possibilità che un’ampia gamma di bisogni venga considerata e soddisfatta all’interno della relazione di coppia.
Insomma, la scelta del partner, anche quella apparentemente più spontanea, acquista un senso solo alla luce di una più attenta analisi degli elementi che l’hanno determinata. In particolare, il mito, in virtù della sua matrice prettamente relazionale, sembra fare da cornice alla costruzione delle rappresentazioni interne individuali.