I legami “deboli” sono quelli che ci legano alle persone meno importanti della nostra vita: vicini di casa, conoscenti, colleghi con cui parliamo poco… sembra che queste connessioni interpersonali non siano poi tanto importanti, invece possono aprirci grandi opportunità.
Il sociologo statunitense Mark Granovetter è stato il primo studioso a proporre una teoria dei “legami deboli”, nel 1973. Egli creò un modello che fosse in grado di descrivere la grande varietà di connessioni che caratterizza la vita di società; una importante distinzione era tra le interazioni “micro” (quelle tra due persone) e “macro” (quelle tra gruppi sociali). Secondo Granovetter sono proprio i legami deboli che mettono in connessione i livelli “micro” e “macro”. Perché?
Link sponsorizzato
Prima di rispondere, ripercorriamo il ragionamento che ha fatto lo studioso, perché ci aiuta meglio a capire e descrivere anche i legami che caratterizzano la nostra vita. Possiamo notare tutti i giorni che ciò che ci unisce alle persone è molto diverso da caso a caso. Per analizzare i legami possiamo utilizzare alcune categorie:
- Quantità di tempo che si condivide con una persona.
- Intensità emotiva, ossia il grado di coinvolgimento nella relazione.
- Intimità e fiducia.
- Contributo materiale o immateriale che ciascuna persona dà alla vita e alla salute dell’altra.
I legami deboli, come li definisce Granovetter, sono quelli che presentano tutti gli elementi a una bassa intensità. In effetti, prendendo l’esempio del vicino di casa, il tempo trascorso insieme ogni giorno si limita a pochi secondi o a quattro chiacchiere sul pianerottolo; il coinvolgimento emotivo nella relazione, il grado di intimità e il desiderio di mettersi al servizio dell’altro sono poco significativi. Perché allora questi legami sono importanti?
Secondo il sociologo, i legami forti hanno un problema: tendono a creare una specie di bolla (come si dice nel linguaggio social di oggi). Il nostro partner svilupperà probabilmente un’affinità coi nostri migliori amici, i quali sono anche loro parte di una rete piuttosto stretta, in cui ciascuno è legato fortemente all’altro. Invece i nostri vicini di casa hanno ciascuno un proprio mondo, non intrecciato a quello degli altri. Potremmo dire che le persone con cui abbiamo legami deboli appartengono ad altre bolle e proprio per questo possono permetterci di guardare al di là del nostro naso, capendo veramente come funziona il mondo.
I legami deboli, dunque, permettono di crescere personalmente, ampliando la nostra visione della realtà e permettendoci di “tastare il polso” della società contemporanea. Non solo: questi legami sono spesso veicolo di opportunità. Quel famoso vicino che abbiamo citato prima potrebbe, ad esempio, conoscere una terza persona in grado di aiutarci quando abbiamo bisogno. Se stiamo cercando un imbianchino che ci ritinteggi casa e non ne conosciamo, è possibile che neanche i nostri amici siano informati, mentre invece un vicino può esserlo, o può avere lui stesso il ruolo dell’imbianchino.
Secondo gli psicologi, in accordo con la visione di Granovetter, i legami deboli sono importanti per la salute psicologica: sono proprio questi che favoriscono il senso di appartenenza a una comunità più ampia di quella del proprio gruppo di amici e che incoraggiano un senso di cooperazione sociale. Secondo alcuni terapeuti avere un certo numero di legami deboli aiuterebbe a non cadere in alcuni tipi di disagio psicologico, come ad esempio le dipendenze.
Ora speriamo che guarderete il vostro vicino in modo diverso la prossima volta che lo incrocerete sul pianerottolo!