"Senza figli Italia scompare”: le parole del premier agli Stati generali della natalità
Gli ultimi dati Istat mostrano che le nascite nel nostro Paese sono al minimo storico dai tempi dell’Unità d’Italia. Anche Draghi ha fatto il punto sulla bassa natalità e sui problemi che ne derivano: "Un'Italia senza figli è un'Italia che non crede e non progetta. E' un'Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire”.
In Italia le culle sono sempre più vuote. L'ultimo rapporto Istat dice che nel 2020 il nostro Paese ha toccato il minimo storico di nascite dall’unità d’Italia e che gli effetti negativi del Coronavirus hanno amplificato la tendenza: i problemi di fondo sono legati non solo al Covid, ma alla precarietà del lavoro e alla paura del futuro.
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Nel 2020 sono nati solo 404.104 bambini - evidenzia Draghi -. Quasi il 30 per cento in meno rispetto a dieci anni fa. Sempre nel 2020, la differenza tra nascite e morti ha toccato un record negativo: 342.000 persone in meno. Oggi metà degli italiani ha almeno 47 anni - l'età mediana più alta d'Europa".
L'Italia, infatti, è il secondo Paese più "vecchio" al mondo e la pandemia ha accelerato una tendenza in corso da tempo: in quasi tutti i sondaggi le coppie dicono di desiderare due figli, ma poi i dati mostrano che la media si aggira intorno a 1,27 per donna. Non solo si fanno meno figli, ma si fanno in età sempre più avanzata, quando si è raggiunta l'agognata stabilità economica: le donne in media hanno il primo figlio a 32 anni, gli uomini a circa 35. "Poche mamme, pochi papà e sempre più vecchi". Questo il ritratto dell’Italia in merito alla natalità.
A tal riguardo, Mario Draghi interviene, assieme a Papa Francesco, assicurando l'impegno del governo a sostegno dei giovani, delle donne e delle famiglie, a partire dall'estensione per tutti dell'assegno unico, una misura che egli stesso definisce "epocale" e che sarà rinnovata anche nei prossimi anni.
"La consapevolezza dell'importanza di avere figli - dichiara il presidente del Consiglio - è un prodotto del miglioramento della condizione della donna, e non antitetico alla sua emancipazione." E "lo Stato deve dunque accompagnare questa nuova consapevolezza. Continuare ad investire sul miglioramento delle condizioni femminili. E mettere la società - donne e uomini - in grado di avere figli. Il Governo si sta impegnando su molti fronti per aiutare le coppie e le giovani donne - conclude -.
Dal luglio di quest'anno la misura entrerà in vigore per i lavoratori autonomi e i disoccupati che oggi non hanno accesso agli assegni familiari. Nel 2022 sarà estesa a tutti gli altri lavoratori che nell'immediato vedranno un aumento degli assegni esistenti. Le risorse complessivamente a bilancio ammontano ad oltre 21 miliardi di euro, di cui almeno sei aggiuntivi rispetto agli attuali strumenti di sostegno per le famiglie.
Una misura condivisa da Papa Francesco: "Finalmente in Italia si è deciso di trasformare in legge un assegno, definito unico e universale, per ogni figlio che nasce - dichiara il santo Padre -. Esprimo apprezzamento alle autorità e auspico che questo assegno venga incontro ai bisogni concreti delle famiglie, che tanti sacrifici hanno fatto e stanno facendo, e segni l'avvio di riforme sociali che mettano al centro i figli e le famiglie. Se le famiglie non sono al centro del presente, non ci sarà futuro ma se le famiglie ripartono, tutto riparte".
La questione demografica è essenziale per la nostra esistenza. In realtà, voler avere dei figli, voler costruire una famiglia, sono da sempre desideri e decisioni fondamentali nella nostra vita. Nel senso che la orientano e la disegnano in modo irreversibile.
La dimensione etica che questi desideri e queste decisioni comportano è fondante per tutte le società dove la famiglia è importante - cioè per tutte. Tuttavia, essa veniva spesso negata o respinta. Per molti anni si è pensato, infatti, che il desiderare o meno dei figli dipendesse dall’accettare con coraggio e umanità questa dimensione etica. O invece respingerla, negarla in favore dell’affermazione individuale. Ciò ha avuto conseguenze sociali divisive. Si è guardato alle donne che decidevano di avere figli come un fallimento, e all’individualismo come una vittoria. Oggi, con il superamento di importanti barriere ideologiche, abbiamo capito che questa è una falsa distinzione che non trova risconta nei dati, come mostra uno studio recente del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione: le coppie vorrebbero avere più figli di quelli che effettivamente hanno e in Italia, questa differenza è molto ampia.
Le ragioni per la scarsa natalità sono in parte economiche. Esiste, infatti, una relazione diretta fra il numero delle nascite e la crescita economica. Tuttavia, anche nelle società che crescono più della nostra, la natalità è in calo. Questo indica come il problema sia più profondo ed abbia a che fare con la mancanza di sicurezza e stabilità. Per decidere di avere figli, i giovani hanno bisogno di un lavoro certo, una casa e un sistema di welfare e servizi per l’infanzia.
A prevalere, quindi, non è solo la paura per ciò che sta accadendo fuori, ma anche il disagio economico dovuto alla perdita di posti di lavoro, licenziamenti e imprese chiuse. Il senso di insicurezza, che esiste da prima della pandemia, è stato acuito dal Covid. Vivere di giorno in giorno, di rinnovo di contratto in rinnovo, è una fonte costante di stress e non permette di pensare con positività al futuro. Così, la gravidanza si allontana: a furia di rimandare, alcune decidono di abbandonare questo progetto di vita. Se non ci sono condizioni economiche favorevoli per le famiglie la situazione non potrà mai migliorare.