Il bias del punto cieco ci fa credere di essere più oggettivi degli altri nel nostro sguardo sulla realtà e su noi stessi.
Il bias del punto cieco (bias blind spot) è un concetto coniato dalla psicologa dell’università di Princeton Emily Pronin. Ciò che lo contraddistingue è la credenza di essere meno pregiudizievoli, meno prevenuti degli altri; l’illusione è anche quella di essere più oggettivi e razionali, attribuendo alle altre persone soltanto giudizi parziali.
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Insomma: crediamo di essere migliori degli altri, che ci piaccia o no. Ci attribuiamo qualità elevate, riteniamo di essere al di sopra della media in fatto di moralità, pensiamo che le nostre idee siano quasi sempre corrette. Ci convinciamo che la nostra vita ricca e intensa ci abbia donato capacità uniche di percezione e ci abbiano resi più saggi di chi abbiamo intorno.
Il bias del punto cieco non è un concetto che si limita agli studi di Pronin, ma è stato confermato dalla scienza. Uno studio condotto presso l’Università di Standford ha evidenziato che l’87% delle persone si ritiene superiore alla media in fatto di capacità. Il 63% pensa che i propri giudizi su di sé siano affidabili e addirittura il 13% sostiene di essere stato “molto modesto” nella descrizione di se stesso. I ricercatori hanno scoperto che solo il 24% delle persone, quando è messo a conoscenza del bias del punto cieco, è disposto a riconoscere che il suo giudizio su di sé potrebbe essere mediato da pregiudizi cognitivi.
Perché siamo tutti (o quasi) vittime del bias? Perché vogliamo vederci sotto una luce favorevole. Il bias del punto cieco infatti aumenta la stima che abbiamo di noi stessi. Un altro motivo è che spesso non analizziamo abbastanza i processi che ci muovono, non facciamo insomma un esame di coscienza: non riusciamo a distaccarci dall’idea del tutto naturale di avere ragione, semplicemente perché non proviamo ad assumere il punto di vista degli altri.
Il problema del bias del punto cieco è che quando ne siamo vittime viviamo in un mondo interiore scollato dalla realtà; ci creiamo una zona di comfort mentale nella quale facciamo entrare solo ciò che conferma la nostra idea di noi stessi. Inoltre, potremmo entrare in conflitto con gli altri anche quando sarebbe evitabile: la convinzione di essere più saggi e razionali potrebbe portarci a credere di avere sempre ragione, senza considerare altri punti di vista altrettanto validi.
Come se ne esce? Diventando quel 24% che, venuto a conoscenza del bias del punto cieco, capisce che la sua visione di se stesso è parziale e pregiudizievole; accogliendo anche le opinioni e i consigli degli altri; facendo un esame di coscienza e rendendoci conto dei nostri errori di giudizio.
Nessuno è migliore o peggiore degli altri! Anche le altre persone hanno una ricca vita interiore, sono passate attraverso mille esperienze e hanno acquisito una loro saggezza, e sono in grado di essere oggettive… almeno quanto lo siamo noi, cioè a volte troppo poco. Forse è proprio nell’incontro di opinioni, agito senza scontro, che si può trovare una migliore oggettività.