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Le micro-insicurezze di TikTok ci stanno rovinando la vita
Le giovani di oggi non si preoccupano più solo della forma del loro corpo, ma di una serie di standard di bellezza sempre più sottili e stringenti.

Nel famoso libro del 1990 “Il mito della bellezza” l’autrice Naomi Wolf scriveva che la bellezza è diventata una nuova forma di religione. Si parla infatti di “sacrifici” da compiere in nome del bell’apparire, di “riti” di bellezza, di “purificazione” del volto, di “peccati di gola”: un lessico preso proprio dalla religione.

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Ma, faceva notare Wolf, in questa religione della bellezza non si assiste mai a una vera redenzione: rimane sempre presente un “peccato originale”, che è quello di avere un corpo (nello specifico, un corpo femminile).

Negli scorsi anni abbiamo assistito a un movimento importante, quello della body positivity, che aveva l’obiettivo di liberare le persone (soprattutto le giovani ragazze) dai dettami della bellezza canonica per abbracciare la propria unicità. Abbiamo visto sfilare e comparire su Instagram modelle in carne, con la vitiligine, con il seno grande e così via. Ma tutto questo sembra minacciato dal riprendere piede delle ossessioni sulla bellezza, che sono sempre più sottili e più pervasive.

Le ragazze della nuova generazione non si preoccupano più “semplicemente” di essere brutte o grasse, ma vivono in un vero e proprio inferno di micro insicurezze, temendo di avere “la faccia da cortisolo”, gli “occhi da povera” o le “braccia a vuvuzela”.

Questa promozione di standard assurdi agita via internet ricorda una moda assurda che esplose tra il 2012 e il 2013, quella del cosiddetto tigh gap, ossia lo spazio tra le cosce. Tutto nacque con una sfilata di Victoria Secret, approdò sui blog pro-anoressia e da lì si diffuse in tutto il web. Le donne impazzivano per cercare di sfinare le loro cosce al punto che, stando in piedi dritte, non si toccassero, senza rendersi conto che questo risultato non dipende dalla magrezza ma solo da una predisposizione genetica. Comunque, il movimento d’opinione contro la moda del tigh gap all’epoca fu massiccio, mentre oggi le micro insicurezze si diffondono senza che nessuno alzi la voce contro di loro.

Dobbiamo difendere le giovani che si preoccupano di avere “gli occhi da povera”, le braccia grosse, il viso gonfio da cortisolo alto, senza rendersi conto che queste cose sono semplicemente parte del loro meraviglioso e unico modo di essere (e tra l’altro non possono essere cambiate). Dobbiamo anche decostruire, per quanto possibile, le dicerie pseudoscientifiche che spesso stanno alla base di questi assurdi concetti di bellezza.

Auspichiamo l’avvento di una nuova ondata di body positivity, che non si riduca (come spesso è stata interpretata) a un’accettazione passiva dell’obesità ma che diventi la chiave per far sì che ogni donna accetti il suo corpo e lo valorizzi in quanto tale. Speriamo che la “religione della bellezza” abbia sempre meno adepti e si faccia strada un modo di vivere, anche sui social, più rispettoso dell’essere di ciascuno.

L’inferno di specchi che è diventata la nostra realtà dovrebbe lasciare il passo a un approccio più aderente alla natura: per decine di migliaia di anni gli uomini e le donne non si sono specchiati quotidianamente e gli animali non sono in grado nemmeno di riconoscere il loro volto quando lo vedono. Non stiamo proponendo di bandire gli specchi, ma di evitare che questi diventino una prigione nella quale rinchiudersi. Perché non provare a vivere nel proprio volto senza continuamente sottoporlo a esami?



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