Aiutare gli altri migliora la salute psicologica ma anche quella fisica.
In un mondo dove la tensione tra gli individui è sempre più alta (basta considerare l’impatto quotidiano della violenza e della maleducazione) fare gesti di gentilezza è senz’altro benefico. Lo è per la collettività, naturalmente, ma anche per la salute personale.
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È quanto ha concluso uno studio pubblicato sullo Psychological Bulletin dall’American Psychological Association, il quale ha comportato un’analisi comparativa su ben 200 altre ricerche che analizzavano l’impatto dei comportamenti prosociali sulla salute. I comportamenti prosociali sono quelli che hanno l’obiettivo di portare dei benefici a una o più persone senza attendersi una ricompensa. Esempi di comportamenti prosociali sono aiutare qualcuno a portare le buste della spesa, offrire il proprio sostegno a una persona che non si muove bene, eccetera. Gli studi di cui parliamo, riuniti insieme, hanno visto la partecipazione di circa 200.000 volontari e sì, ci sono modeste ma chiare evidenze che la solidarietà faccia bene alla salute.
Ciò che è più importante, chiaramente, è altro: i gesti di cura nei confronti degli sconosciuti consentono di creare una società più armonica , coesa e ben funzionante, come confermano gli stessi autori dello studio. Solo in Italia si muovono nel ramo del terzo settore circa 6 milioni di persone, il 10% della popolazione. Volontariato, dunque. Ma secondo gli autori della ricerca che abbiamo menzionato, a fare la differenza sono soprattutto i gesti di gentilezza non programmati , quelli che vengono spontanei e che fanno bene al cuore.
Rispetto al volontariato, che nel corso del tempo tende a esaurire la sua carica emotiva, gli “atti di gentilezza a casaccio”, per citare un celebre slogan, hanno un impatto più forte sulle persone: aiutano a costruire comunità e portano un senso di soddisfazione imparagonabile rispetto agli atti di solidarietà predeterminati.
A fare la differenza, sempre secondo lo studio, è anche l’età . Le persone più giovani tendono a beneficiare maggiormente del volontariato, che sostiene tra l’altro le funzioni sociali, mentre per i più anziani sono i gesti singoli a fare la differenza.
Insomma, che si tratti di volontariato o di semplice gentilezza, fare del bene fa sentire bene , e questo senso di soddisfazione ha effetti su diverse aree:
1. Benessere psicologico
Fare del bene attiva circuiti cerebrali legati al piacere e alla gratificazione. In particolare, aumenta la produzione di dopamina e ossitocina, sostanze legate alla felicità e alla connessione sociale. Riduce inoltre ansia, stress e sintomi depressivi. La solidarietà aumenta l'autostima e la percezione di sé come persona utile e di valore.
2. Maggiore senso di scopo e significato
Aiutare gli altri dà un senso alla vita. È proprio vero: le persone che praticano regolarmente atti di altruismo riportano una maggiore soddisfazione esistenziale, una sensazione di appartenenza e un forte piacere per aver contributo a qualcosa di più grande.
3. Miglioramento delle relazioni sociali
Le buone azioni creano legami, rafforzano relazioni e promuovono la fiducia reciproca.
4. Effetti positivi sulla salute fisica
Diversi studi mostrano che le persone che fanno volontariato o atti altruistici hanno una pressione sanguigna più bassa, una maggiore longevità e un sistema immunitario più forte.
5. Effetto "helper’s high"
È una sensazione di euforia simile a quella degli atleti dopo l’esercizio intenso. Dopo aver fatto una buona azione, molte persone riportano un improvviso aumento di energia e buonumore.
6. Miglior autocontrollo e resilienza
Essere gentili rafforza la capacità di gestire le emozioni, di superare i momenti difficili e di rispondere con calma nelle situazioni stressanti.
Dunque ricordatevi di “praticare atti di gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”!