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Il tipo di supporto sociale che aiuta – e quello che non serve a nulla
Dare supporto sociale è importantissimo, se si sa come farlo.

Prima o poi nella vita capita a tutti di avere bisogno di sostegno sociale. I motivi possono essere vari: una malattia, la nascita di un figlio, un semplice periodo di stress. Quando l’aiuto che si deve ricevere conta tanto, è bene rendersi conto di cosa fa bene veramente e di cosa no. Secondo la psicologia, infatti, non tutti i tipi di supporto sociale sono benefici. Alcuni modi di aiutare – fatti con tutta la buona fede del mondo- possono rivelarsi paradossalmente deleteri, generando reazioni come il sentirsi in debito, il sentirsi infantilizzati, il sentirsi non capiti.

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Secondo la scienza esistono due tipi di supporto sociale:

  • Il supporto visibile, spesso esercitato attraverso le parole. “Ora riposati, ti tengo io il bambino” è un esempio.
  • Il supporto invisibile, esercitato spesso nel silenzio. Un esempio è quando una persona aiuta un’altra a preparare la cena mentre questa è bloccata a letto.

Entrambi i tipi di supporto sono validi. Ma, secondo i ricercatori dell’università della California, affinché il sostegno sia veramente efficace deve soddisfare un requisito fondamentale: deve essere tagliato sulle esigenze della persona in difficoltà. Se non è così, anche il gesto più generoso può andare a trasformarsi in un peso emotivo.

Alcune volte le persone aiutano il prossimo in modo distorto. Ad esempio, cercano di incoraggiare chi soffre con frasi come: “Non piangere. Passerà tutto”. Queste frasi, oltre ad essere povere di significato, sono anche semplicistiche e sembrano denunciare la volontà di togliersi dall’imbarazzo più che quella di aiutare. Ancora, alcune persone possono venire in soccorso agli altri mosse solo dal desiderio di sentirsi importanti, o perché pensano di sapere di cosa qualcuno abbia bisogno senza averglielo mai chiesto. Questi tipi di aiuto non calibrati sulle reali esigenze di chi è in stato di necessità possono rivelarsi controproducenti, facendolo sentire solo, inadeguato e incompreso.

Come aiutare una persona che si trova in difficoltà in modo realmente efficace? Ecco alcune regole:

  1. Chiedere prima di agire

A volte gli amici o i familiari si trasformano in pesi invadenti per chi ha bisogno di aiuto, eppure sono mossi da un genuino affetto. Cosa manca? La volontà di chiedere chiaramente all’altro di cosa ha bisogno. Spesso, infatti, si dà per scontato che cosa ha funzionato per una persona funzioni anche per un’altra, o che tutti abbiano le stesse esigenze in determinati frangenti. Per risolvere il problema basta una semplice domanda: “Di cosa hai bisogno?”.

  1. Non rendersi protagonisti della sofferenza altrui

A qualcuno viene spontaneo pronunciare frasi come: “Soffro tanto a vederti così”. Queste frasi, anche se non dette con malignità, hanno un effetto indesiderato: mettono al centro della scena la persona che aiuta, e non quella che realmente ha bisogno. Non bisognerebbe mai chiedere a qualcuno di stare meglio “per non far soffrire tutti”.

  1. Normalizzare il silenzio

Ricordate ciò che abbiamo detto del supporto invisibile? A volte, quello che davvero serve è un po’ di empatia, che si traduce in premure agite silenziosamente, senza clamori. Le persone, spesso, hanno solo bisogno di essere coccolate, senza bisogno di tante parole e spiegazioni. L’aiuto invisibile è un forte segno di umanità e allevia realmente le sofferenze.

  1. Accompagnare senza infantilizzare

A volte ci si approccia a qualcuno che si trova in difficoltà trattandolo come un bambino incapace di intendere e volere. Senza farlo apposta, ci si sostituisce a lui in tutti gli ambiti della vita, prendendo in mano compiti che potrebbe, anzi vorrebbe, svolgere da solo. Avere premura non significa diventare i genitori di chi soffre, ma significa accompagnarlo offrendogli una spalla e dandogli l’opportunità di afferrarla se lo vuole.



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