Ciascuno di noi indossa delle maschere. Ma che cosa succede quando non si riesce più a toglierle?
Indossare una maschera non è qualcosa di negativo: tutti lo facciamo per adattarci alle circostanze. La maschera ci permette di andare avanti, di affrontare la vita senza essere feriti, di reinventarci. La maschera è per sua natura un meccanismo di difesa contro gli attacchi – veri o immaginari- del mondo esterno.
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La maschera dovrebbe essere qualcosa di dinamico, che si può mettere e togliere a seconda delle circostanze. Ad esempio quando siamo al lavoro ci diamo un tono professionale, mentre quando siamo in famiglia ci permettiamo di esprimere il nostro vero essere. Ci sono però delle situazioni in cui la maschera viene portata per così tanto tempo da aderire completamente al nostro volto, rendendoci incapaci di distinguere che cosa siamo davvero.
Si dice che i bambini siano senza filtri ed entro una certa età può essere vero, ma già quando siamo alle elementari impariamo a utilizzare una maschera. Lo facciamo per sentirci degni dell’amore dei nostri genitori, per apparire simpatici ai compagni di scuola e per una quantità di altre ragioni. A volte è proprio durante l’infanzia che una maschera inizia a sedimentarsi per rimanere fino alla morte.
Vediamo quali sono le maschere più comuni:
- Il bravo bambino: chi indossa questa maschera appare sempre gentile e disponibile. Pensa che per essere accettato debba comportarsi sempre bene, ma proprio per questo fa fatica a imporre dei limiti e può finire per essere vittima degli altri.
- Il guerriero: questa maschera viene spesso indossata dalle persone adulte che hanno combattuto molte “battaglie” nel corso della loro vita. Grazie a quest’immagine idealizzata di sé possono reagire alle avversità e difendersi con le unghie e con i denti, ma faticano a lasciarsi andare a momenti di vulnerabilità e tenerezza.
- L’impassibile: chi ha vissuto dei traumi può indossare la maschera dell’impassibilità per non provare più lo stesso dolore. Sembra che niente possa toccare chi ha costruito per sé questa seconda pelle fredda e impenetrabile. Eppure la sofferenza antica non è mai stata guarita.
- Il salvatore: una maschera tipica di chi è stato “genitore dei propri genitori” o comunque ha imparato che nella vita l’unico modo di essere amato è rendersi disponibile per gli altri. Questo tipo di persona tende a prendersi a cuore i casi più disperati per tentare di riportarli alla realtà, ma è il primo che a volte perde il contatto con se stesso.
- La vittima: questa maschera è indossata da chi pensa che mostrarsi piccolo e fragile sia l’unico modo di ottenere cure, attenzioni e amore.
- Il duro: è una maschera tipica delle persone molto sensibili che temono di mostrare la loro vulnerabilità. La paura di essere ferite spinge queste persone a mostrarsi addirittura aggressive! Per loro è difficile lasciarsi andare, anche quando si trovano in un contesto in cui dovrebbero regnare la comprensione e l’amore.
- L’eterno felice: questa maschera è tipica delle persone che hanno timore dei sentimenti negativi e non riescono a convivere con la tristezza, il lutto, le difficoltà. Indossano sempre un sorriso a trentadue denti e fingono che vada tutto bene anche quando il mondo intorno a loro si sgretola.
- Il simpaticone: anche il simpaticone evita i pensieri negativi e rifugge la tristezza, ma ha un tratto in più: è convinto che le persone smetteranno di amarlo se smetterà di sorridere e fare battute.
Le maschere che indossiamo nascono per proteggerci, ma è importante sapere come lasciarle andare all’occorrenza, altrimenti finiranno per diventare la nostra prigione. Chi non si accorge nemmeno più di indossare una maschera ha definitivamente perso il contatto con se stesso, un contatto che bisogna recuperare. Con un percorso di crescita personale si può imparare a dismettere le maschere che ormai non servono più: prima però è importante riconoscere qual è la propria. Speriamo di avervi dato oggi uno spunto per iniziare ad avventurarvi in questa parte di voi.