Il guilt trip è un “viaggio nel senso di colpa” che nasconde spesso un tentativo di manipolazione da parte di chi amiamo.
Potremmo tradurre la locuzione “guilt trip” semplicemente come “senso di colpa”, se non fosse che quella parola, “trip”, rende perfettamente l’idea di un andamento continuo, magari a spirale, che si avvolge su se stesso rendendo l’esperienza soffocante e di lunga durata. Questo percorso, questo viaggio nel senso di colpa viene spesso causato dalla vicinanza con una personalità manipolatoria che guida, come un Grande Fratello, la strada verso la perdita delle giuste coordinate mentali, spesso con il fine di assoggettarci.
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Il guilt trip, come ogni viaggio, inizia con un piccolo passo. Nel nostro caso, spesso, si tratta di un’insinuazione. La persona che vuole manipolarci potrebbe suggerirci che qualcosa nel nostro comportamento la ferisce, che il nostro successo è immeritato, che il nostro ruolo nel mondo è quello del “cattivo”, naturalmente contrapposto a lui che veste i panni del buono.
La reazione più comune a insinuazioni di questo genere è il tentativo di riguadagnare la fiducia di chi ci accusa, scusandoci e ovviamente sentendoci in difetto. Ogni persona che sa di essere importante per noi è consapevole del fatto che non vorremmo mai farle del male. Ma qui si innesca la parte più propriamente manipolatoria del guilt trip: il perdono non arriva.
Il viaggio del senso di colpa a questo punto è partito e i suoi step saranno sempre gli stessi: insinuazione e mancanza di perdono, fino a farci perdere le coordinate e a convincerci profondamente di essere dei mostri. Una tecnica piuttosto simile al gaslighting, meccanismo con cui un manipolatore può convincere la vittima di essere diventata pazza.
Il senso di colpa è di per sé un sentimento piuttosto nobile, dal momento che chi lo prova dimostra di avere un alto senso morale: chi non ha nessun rispetto per gli altri non può provarlo. Ma quando il senso di colpa diventa il tramite della relazione, diventa un filo che tiene legati agli altri, c’è sicuramente qualcosa che non va. Come abbiamo visto parlando del guilt trip, il senso di colpa continuo può essere la spia di una strategia manipolatoria in corso a nostro danno.
Anche se chi usa il guilt trip per annientarci farà di tutto per farci credere di avere sbagliato, dovremmo evitare di dare tutto per scontato. Una delle migliori armi per liberarsi dal senso di colpa oppressivo, secondo gli esperti, è l’ascolto attivo. Normalmente siamo così spaventati dall’idea di commettere errori che, quando siamo accusati, tendiamo a dare per scontato di avere sbagliato davvero. Non sempre è così. Non farci prendere dal panico e analizzare la situazione insieme a colui che ci accusa è un aiuto per evitare di cadere nella trappola del guilt trip.
Anziché andare subito in difesa, la reazione migliore è fare domande, in modo da spingere l’accusatore a spiegare per bene i motivi delle sue insinuazioni e portandolo, se sono inconsistenti, a cadere in contraddizione. La chiave è mantenere il più possibile un atteggiamento franco e collaborativo, mostrandoci sicuri di noi ma anche disponibili a venire incontro alle esigenze dell’altro. Questo atteggiamento è proprio ciò che i manipolatori non sopportano!
Ricordiamo invece che l’altro estremo, ossia rispondere alle accuse con altre accuse o atteggiamenti aggressivi, rende la situazione ancora peggiore perché dà agli altri vere armi per accusarci e portarci in un senso di colpa che a questo punto sarebbe giustificato.