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Come nasce lo Champagne?
Secondo una leggenda lo Champagne è stato inventato da Dom Pierre Perignon, un monaco benedettino dell’abbazia di Hautvillers, anche se sulla sua origine esistono versioni differenti. Pare, infatti, che il celeberrimo monaco esecrasse questo vino e si sia indirizzato alla produzione di grandi Pinot Noir, vitigno presente nella regione fin dal 1400.

Lo Champagne è un vino spumante francese prodotto con metodo classico, famoso in tutto il mondo. Prende il nome dalla provincia storica della Champagne, situata nella regione francese del Grande Est, dove il vino è prodotto. Il cuore pulsante della regione è Epernay, poco a sud della Montagna di Reims. Le maison più famose che hanno sede qui sono: Moët& Chandon, Pol Roger, Mercier e Perrier-Jouët.

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L’altra capitale è Reims, città storica, dove hanno sede invece: Krug, Ruinart, Luis Roederer, Palmer, G.H. Mumm e HeidsieckMonopole.

I vini della regione della Champagne erano conosciuti fin dal medioevo; venivano prodotti principalmente come vino da messa dai monaci delle numerose abbazie presenti. Anche i sovrani francesi apprezzavano molto questi vini, tanto da offrirli in segno di omaggio agli altri governanti europei. Si trattava però principalmente di vini fermi, quindi senza spuma, e rossi.

Le guerre ed i saccheggi che nel 1600 devastarono la regione causarono la distruzione e l’abbandono delle abbazie e dei conventi, e quindi il decadimento delle annesse vigne. Intorno al 1670 Pierre Pérignon, giovane monaco benedettino, giunse all’abbazia d’Hautvillers, vicino ad Épernay, con l’incarico di tesoriere; egli trovò il convento e le vigne in uno stato di totale abbandono e si adoperò per rimetterle in sesto. Il suo lavoro fu indirizzato principalmente alla produzione del vino; da perfezionista qual era, si applicò alla selezione delle uve migliori (la sua scelta cadde sul Pinot Noir), ad affinare le tecniche del taglio dei vini (assemblaggio di uve dello stesso tipo provenienti da zone diverse), e a preferire una spremitura dolce per ottenere un mosto chiaro, anche se da uve a bacca nera (tutte tecniche caratteristiche, ancora oggi, della produzione dello champagne).

Rimane il dubbio sulla genesi della trasformazione del vino fermo in vino spumante. Secondo alcuni, lo champagne è nato casualmente per errore durante il processo di vinificazione di alcuni vini bianchi; tale errore avrebbe causato lo scoppio di alcune bottiglie poste ad affinare in cantina e quindi portato alla scoperta, da parte dell’abate, della “presa di spuma”.

Un’altra fonte afferma che l’abate, per rendere più gradevole il vino prodotto, vi abbia aggiunto dei fiori di pesco e dello zucchero, tappando successivamente la bottiglia con tappi di legno di forma tronco-conica; allo stappare della bottiglia si produceva della spuma.

Un’ulteriore testimonianza afferma che i viticoltori che usavano vinificare le uve di Pinot si fossero resi conto che il vino ottenuto invecchiava male nelle botti, per cui decisero di imbottigliarlo subito dopo la fermentazione; nelle bottiglie questo vino conservava efficacemente gli aromi, ma aveva il difetto di diventare naturalmente spumante, il che comportava lo scoppio di molte bottiglie.

Quel che è certo è che l’abate arrivò alla conclusione che la spuma fosse dovuta ad una rifermentazione (dovuta o ad errori nella vinificazione o all’aggiunta di lieviti – contenuti nei fiori di pesco – e di zucchero) del vino, con conseguente produzione di anidride carbonica. A questo punto, resosi conto della gradevolezza del vino decise di perfezionarne la produzione.

Oggi lo Champagne è una bevanda elegante e raffinata che nasce da una seconda rifermentazione in bottiglia, aiutato da lieviti e zucchero aggiunto, ma ai tempi di Dom Perignon si cercava di evitare la rifermentazione, semplicemente perché non c’erano i requisiti per domare il vino, le bottiglie erano troppo sottili e i tappi non erano abbastanza resistenti.

Qualunque sia la versione più attendibile, i veri grandi meriti di Dom Pérignon nell'evoluzione della tecnica di produzione dello champagne furono quelli di definire il vitigno più adatto (il Pinot Noir), di applicare metodicamente la tecnica dell'"assemblaggio" e di sostituire i tappi di legno usati fino ad allora con tappi di sughero, ancorati al collo della bottiglia per mezzo di una gabbietta metallica.

Da quel momento in poi anche altri proprietari di vigne della zona cominciarono a produrre il vino seguendo le indicazioni dell'abate e i nuovi produttori contribuirono all'affinamento e al miglioramento della tecnica di produzione dello champagne.

Vediamo più nello specifico il processo produttivo. L’uva viene vendemmiata anzitempo, quando cioè non è completamente matura, ma ancora ricca di acido tartarico; in seguito si fa fermentare il mosto e poi si passa all’assemblaggio delle cuvée. In questa fase è possibile aggiungere vini più vecchi, i cosiddetti vini base e, infine, non resta che aggiungere zucchero e lieviti, che in gergo si chiamano “liqueur de tirage”. Infine, il vino viene imbottigliato.

Grazie ai lieviti e allo zucchero si innesca una seconda fermentazione, chiamata rifermentazione in bottiglia: i lieviti consumano lo zucchero, trasformandolo in alcool e anidride carbonica, il vino matura a contatto con i lieviti che, in questo modo, conferiscono sapori, profumi e spessore al vino. Di norma, lo Champagne deve affinare per almeno 12 mesi sui lieviti.

Con la tecnica del remuage, inventata da madame Clicquot agli inizi del 1900, oggi gli Champagne sono cristallini e puri come diamanti: essa consiste nella rotazione periodica delle bottiglie al fine di far depositare il sedimento sul tappo, per poi eliminarlo in seguito con il dégorgement (sboccatura).

Fondamentale è la fase del rabbocco, dove viene aggiunto altro vino, il liqueur d’expedition, ossia altro zucchero e vini di riserva, sempre provenienti dalla stessa cantina e che possono anche essere vecchi di 20 anni e più. Il liqueur d’expedition, che determina la fisionomia gustativa di uno Champagne, è la parte più importante; con questo “nettare” si correggono vini non perfetti, si amplificano i sapori, si crea lo Champagne.

Certo ci sono gli Champagne millesimati, dove vengono usati solo vini della stessa annata, ma sono casi rari e accadono solo in annate eccezionalmente favorevoli. Esistono anche i Pasdosé che sono vini più puri, dove non vengono aggiunti zuccheri ma solo vini di riserva e molti, soprattutto i piccoli produttori, stanno puntando su Champagne più intransigenti e meno lavorati.

Chiudiamo il ciclo produttivo dicendo che in totale una bottiglia di Champagne deve affinare per almeno 15 mesi in cantina, di cui 12 sui lieviti, prima di essere messa in commercio. Se è uno Champagne Vintage deve affinare per almeno 3 anni sui lieviti.

Perché lo Champagne è un vino unico ed irripetibile?

Questione di terroir, chiaro. Le condizioni climatiche sono uniche, l’influsso del mare mitiga l’asprezza dell’inverno in questa regione dalla latitudine estrema, tanto che la Champagne è la regione vitivinicola più a nord di tutte, al limite della sopravvivenza della vite. Il freddo e l’escursione termica aiutano a sviluppare acidità e profumi nelle uve, favorendo una maturazione zuccherina lenta e costante: considerate che la temperatura media annuale è di 10 gradi centigradi.

E poi c’è il gesso, gran parte del suolo della Champagne (il 75%) è fatta di veri e propri blocchi di calcare e questo suolo così particolare conferisce mineralità, finezza e struttura alle uve, senza contare che durante il giorno riesce a catturare il calore del sole e a rilasciarlo durante la notte, fornendo un aiuto termico alle vigne. Il gesso ha permesso anche la costruzione di cantine scavate nella roccia, ottime per preservare il vino con la giusta umidità e una temperatura bassa e costante, fondamentale per tenere la rifermentazione sotto controllo ed evitare che le bottiglie esplodessero.

La Marna, il fiume che taglia tutta la regione trasversalmente è un altro elemento importante e funge da regolatore termico, segnando la zona più pregiata per i vigneti, tanto che tutte le città più importanti come Epernay, Ay e la stessa Hautvillers sono ad esso vicine.

Ovviamente anche l’uomo è parte fondamentale dell’equazione: come abbiamo visto il metodo champenoise è rivoluzionario, una novità assoluta. Ma altrettanto rivoluzionarie furono le scoperte di Dom Perignon, il primo a difendere il concetto di assemblaggio delle cuvée dei vari vigneti. Aveva intuito che mescolare uve uguali, ma di vigneti diversi, aiutava ad equilibrare il vino, creando caratteristiche uniche in un elisir immortale.



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