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Quanto è bello essere imperfetti!
Accettare di non essere super-uomini e super-donne significa vedere, semplicemente, la realtà dei fatti: ma non per questo dobbiamo sentirci in colpa o meno degni di considerazione, e non per questo dobbiamo rinunciare ai sogni.

Anche se in tempi recenti non si tende a parlare molto di perfezione, né a proporre tramite pubblicità e media dei modelli unilaterali e assoluti cui conformarsi, tutti e tutte noi (o quasi) siamo cresciuti con l'assillo di questo tema. Chi tra le donne non ha mai sentito parlare di "corpo perfetto" e non lo ha mai desiderato? E quante si sono ammalate pur di averlo? E quanti uomini dal canto loro hanno subito le stesse pressioni, anche se sotto una luce diversa?

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Tralasciando il capitolo corpo e volendo parlare delle qualità mentali e sociali associate alla perfezione, il baratro non è meno profondo. Per fortuna, almeno da un decennio a questa parte, il mondo della comunicazione e quello della moda si sono stufati del concetto di perfezione e stanno cercando di buttarlo all'aria, preferendo parlare di unicità del soggetto piuttosto che di conformità a un modello (o, almeno, si cerca di presentare più modelli e non uno solo). I risultati di questo cambiamento, comunque, non sono ancora molto visibili nella mentalità della gente comune, considerando che siamo stati martellati con determinati input dai media per anni e anni e che gli effetti di tale condizionamento non si esauriscono in uno schiocco di dita.

Sappiamo comunque tutti che "imperfetto è bello". Bene. Siamo in grado di trasformare questa convinzione in azione? Siamo in grado di accoglierci e accettarci senza avere bisogno di perdonarci (non essere perfetti non è una colpa, dunque non necessita di perdono)?

Accettare i nostri limiti ed errori non è facile quando le attese da parte degli altri sono molto elevate. A scuola, al lavoro e anche nella vita privata veniamo subissati, fin da piccoli, di aspettative sul nostro conto e ci sentiamo costretti a soddisfarle per gratificare gli altri e godere noi stessi delle tanto agognate pacche sulla spalla. Questo continuo accontentare gli altri diviene con il tempo una vera e propria catena cui ci teniamo legati a vita, portando noi stessi allo stress e allo sfinimento; oppure cerchiamo di tagliare la catena in modo sbagliato rinunciando a lottare, lasciandoci andare e abbandonando ogni sogno.

Trovare una via di mezzo e dare onestamente il massimo possibile senza costringerci a essere altro da noi è una vera e propria battaglia.

L'importante è essere convinti fino in fondo che essere perfetti non è obbligatorio, che nessuno lo è e che siamo meravigliosi così come siamo: migliorarsi è sempre possibile, ma puntare l'asticella troppo in alto può essere rischioso. Chi conosce bene se stesso sa cosa è in grado di dare, cosa gli piace e dove è in grado di spingersi, e al diavolo le continue richieste e le critiche! Saper portare la propria meravigliosa imperfezione come una medaglia è molto meglio che inseguire i risultati di qualcun altro.



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