Molte persone si accontentano di lavori ingrati e partner abusanti perché sono stati convinti, fin da piccoli, che una vita soddisfacente fosse “troppo” per loro.
Cresci, cambi lavoro, città, amici, relazioni. Ma i problemi non smettono di presentarsi. Ogni volta lo stesso copione: un capo autoritario e insensibile, un amico che ti sfrutta, un amore tossico. Potresti arrivare a pensare di essere sfortunato e che il destino ce l’abbia con te, ma forse non è così: forse il problema è che vai in cerca di ciò che nel tuo profondo credi di meritare.
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Fin da quando siamo piccolissimi creiamo degli schemi mentali sulla relazione che ci lega alle figure di attaccamento (genitori, nonni, fratelli) e impariamo a generalizzare i rapporti, cioè a capire come muoverci e a immaginare cosa attenderci. Uno dei modelli che costruiamo nel nostro subconscio è il cosiddetto merito immaginato, ossia la percezione di quanto ci sia dovuto in termini di affetto, cura e benessere.
Insomma, fin da quando siamo bambini costruiamo un’idea di ciò che crediamo di meritare. E quando la vita ci porta doni che vanno oltre soglia, ci ritroviamo a pensare che tutto sia troppo bello per essere vero. Il nostro termometro interno impazzisce quando riceve troppo calore e ci accorgiamo di trovarci più a nostro agio nel gelo, per quanto sia brutto. Infatti, se ciò che riceviamo è “freddo”, oggettivamente insufficiente per garantirci un vero benessere, lo accettiamo facilmente perché è più in linea con quello che crediamo ci sia dovuto.
Senza accorgercene perpetuiamo uno schema. Ci accontentiamo di subire abusi domestici o di lavorare al di sotto delle nostre capacità, solo perché siamo abituati a vivere in questa condizione.
Uno dei problemi che ci portano ad accettare le “briciole” è il cosiddetto bias di autoverifica. Condizionati da questo modello mentale, siamo inclini a selezionare solo le informazioni che confermano l’idea che abbiamo di noi stessi. E se la nostra idea è cattiva, riduttiva, svalutante accogliamo solo i feedback sociali che dimostrano la nostra fragilità.
Forse il tuo problema non è la sfortuna, ma la coazione a ripetere che ti paralizza. Il tuo merito immaginato, quello che hai costruito da bambino, non dà giustizia alla persona che sei ora. Forse in passato sei stato invalidato, umiliato, costretto al silenzio, ma ora sei una persona adulta che si è costruita un bagaglio di tutto rispetto. Proprio da questo bagaglio devi ripartire, smettendo di considerarti meno degli altri e trovando il coraggio di inseguire i tuoi sogni.
A volte un’idea imprenditoriale o il desiderio di scalare le gerarchie al lavoro non è solo una fantasia peregrina, ma un’opportunità concreta; a volte quel potenziale partner che sembra “fuori portata” sarebbe disposto a uscire con te. Smetti di volare basso perché ti sei abituato a prendere il minimo! Questo non vuol dire cadere in un delirio di onnipotenza, ma valutare con maggiore oggettività quali sono i tuoi pregi.