La soglia di attenzione si è ridotta a soli 8 secondi. Un dramma irreparabile?
Purtroppo, secondo uno studio, la soglia di attenzione media è sempre più bassa. Ma ciò non vuol dire che non sia più possibile concentrarci. Forse la chiave è far leva sui contenuti che ci interessano.
Non facciamo finta che non ci capiti. Iniziamo a leggere un articolo o a guardare un programma in TV e dopo pochi secondi ci distraiamo, facciamo vagare la mente, ci dedichiamo allo schermo del cellulare e infine ci troviamo a scrollare i social. Sentiamo dire da anni che la nostra soglia di attenzione si sta riducendo, e sembra che sia proprio vero: secondo uno studio commissionato da Microsoft l’attenzione media è scesa da 12 a 8 secondi.
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8 secondi, pochissimo. Per ironia (o forse no, come vedremo) è proprio il tempo massimo che un portiere deve impiegare a liberarsi del pallone, secondo una recente regola UEFA. Da spettatori possiamo tollerare di osservare un gioco fermo, un tempo sospeso in cui non succede nulla, solo per quel breve lasso di tempo.
Ma non dobbiamo pensare di essere sull’orlo della catastrofe. La riduzione dell’attenzione media è un problema, siamo d’accordo, ma non si tratta di qualcosa di irrisolvibile. Proviamo a vedere un po’ più nel dettaglio come funziona l’attenzione.
Non esiste un solo tipo di attenzione. Torniamo al portiere che ha solo 8 secondi per decidere a chi passare la palla: non può essere distratto. Si concentra anzi molto profondamente, osservando l’ambiente intorno a sé e prendendo decisioni tanto rapide quanto importanti. Questa forma di attenzione “a caldo”, che è in qualche modo simile all’istinto, è un processo intuitivo profondamente segnato dalle emozioni. Uno studio condotto sui calciatori della Premier League ha evidenziato che gli sportivi più esperti tendono a osservare il campo per più tempo, migliorando la loro performance. Ma quando gli avversari fanno pressione, è necessario prendere decisioni rapide.
Ben diverso è il tipo di attenzione che si pone “a freddo”, quando è ora di attivare la razionalità. Quando lo staff tecnico di una squadra studia una partita si attiva infatti un processo diverso, più lento e calcolato.
Anche quando conosciamo una persona per la prima volta siamo attenti ai suoi movimenti e atteggiamenti, ma applichiamo un’attenzione “a caldo” che può darci informazioni che saranno eventualmente ribaltate da un’analisi “a freddo”.
Il cervello, quindi, funziona in modo diverso a seconda della situazione. Quando dobbiamo concentrarci in un contesto in rapida evoluzione attiviamo la corteccia prefrontale ventromediale, mentre quando possiamo permetterci di essere più logici coinvolgiamo la corteccia dorsolaterale. Non ha senso, quindi, parlare di un’unica attenzione che si sta deteriorando.
Tra l’altro, in un mondo segnato dal calo dell’attenzione, si generano fenomeni curiosi. I podcast e i contenuti informativi su Youtube tendono a diventare sempre più lunghi. Milioni di persone ascoltano per ore e ore delle semplici voci narranti che raccontano storie, spiegano concetti, o al limite fanno pettegolezzi. Certo, magari si mettono in ascolto mentre guidano, mentre puliscono la casa, mentre cucinano, ma ascoltano. E ricordano.
Pensiamo anche ai ragazzini che si distraggono facilmente in classe e hanno difficoltà a fare i compiti, però passano ore e ore incollati ai videogiochi (ed è impossibile affermare che quest’attività non richieda un’alta concentrazione). Siamo quindi davvero totalmente incapaci di attenzione, oppure il vero discrimine è se un’attività ci piace o meno?
La motivazione, secondo molti osservatori, è la chiave dell’attenzione. Uno studio ha affermato che gli studenti universitari che si siedono ai primi banchi immagazzinano le informazioni molto meglio di chi sta in fondo all’aula. È intuibile che chi si siede davanti sia, in genere, più motivato.
Secondo il ricercatore Neil Bradbury un docente può tenere alta l’attenzione sulla sua lezione unendo passione personale, qualità dei contenuti e capacità di coinvolgere gli studenti. Ma anche fare perno sugli argomenti che interessano davvero i giovani può essere il veicolo per traghettarli verso la materia in questione.
Forse non esiste un passato ideale in cui l’umanità era più attenta, ma sono cambiate le cose che ci interessano. Possiamo accedere a contenuti più elevati, come quelli contenuti nei classici della letteratura, ricercando in essi argomenti che ci motivino, che accendano in noi la passione. In fondo i classici sono tali perché in grado di narrare storie senza tempo. Ma i libri sono tanti, e ognuno ha la responsabilità di scegliere quello giusto per sé.