Sostituiti da un computer: cosa succede ai lavori che può fare l’intelligenza artificiale
L’IA minaccia davvero il nostro posto di lavoro? Ecco che cosa dicono gli esperti.
L’arrivo di ogni nuova tecnologia, potenzialmente in grado di sostituirsi all’uomo minacciando posti di lavoro, è sempre guardato con entusiasmo da alcuni (di solito gli imprenditori) e con paura da altri (di solito coloro che temono di perdere il posto). È stato il caso delle macchine durante la rivoluzione industriale ed è il caso dell’intelligenza artificiale oggi.
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Non c’è da stupirsi se, con l’arrivo dei primi sistemi meccanici nel XIX secolo, all’interno della classe lavoratrice sia nato addirittura un movimento, il luddismo, che si dava alla distruzione delle macchine con l’idea di salvare gli operai. Oggi non c’è nulla del genere, ma le polemiche sui social si sentono eccome.
L’AI è davvero una rivoluzione spaventosa per molti. Secondo uno studio dell’università della Pennsylvania questo tipo di tecnologia avrà un impatto addirittura sull’80% dei mestieri oggi esistenti. Che ne sarà allora, secondo gli esperti, di tanti lavoratori che improvvisamente sentono la loro sedia scottare sempre di più man mano che la tecnologia avanza?
Secondo Maurizio del Conte, docente alla Bocconi di Milano, oggi siamo di fronte a una rivoluzione tecnologica inedita, perché non pesa solo sul classico settore secondario ma sul terziario, sui servizi, e in un certo senso anche sui lavori creativi.
Il docente, esperto in diritto del lavoro, in una recente intervista cerca di rassicurare il pubblico: ogni rivoluzione tecnologica toglie posti di lavoro, sì, ma crea anche un terreno fertile per la nascita di nuovi mestieri. Dunque, non potendo creare un inutile movimento neo-luddista, chi si sente minacciato dall’AI dovrebbe solo rasserenarsi e iniziare a coltivare l’idea che nel futuro il suo lavoro potrebbe cambiare, non essere soppresso del tutto.
Del Conte fa l’esempio del settore logistico, nel quale ormai i robot si occupano dei compiti più pesanti, senza però che il numero totale degli addetti diminuisca: le mansioni sono meno pesanti e allo stesso tempo sono più variegate, mantenendo stabile o addirittura in aumento il numero degli occupati. Un impatto sui posti di lavoro dato dall’AI, secondo il professore, ci potrebbe essere ma solo sul breve periodo. Magra consolazione per chi si chiede come sbarcherà il lunario nei prossimi anni e deve sperare che il miracolo del settore logistico tocchi anche lui (cosa non scontata).
Le fasce più colpite, infatti, potrebbero essere quelle del settore impiegatizio e di età abbastanza prossima alla pensione: per intenderci, i lavoratori di 50-55 anni o più. Riqualificarsi a quel punto della carriera potrebbe essere un’impresa piuttosto ardua e le aziende dovrebbero essere incentivate a formare i dipendenti sulle nuove tecnologie, senza che si crei un Far West in cui ognuno deve badare a se stesso.
Secondo Del Conte, infine, i lavori creativi sono a rischio solo in parte. Le paure di grafici, pubblicitari, giornalisti e illustratori sono in parte esagerate dal momento che l’IA può produrre solo contenuti standardizzati e manca della scintilla creativa che solo l’essere umano possiede. Certo, anche in questo caso si potrebbe determinare una certa corsa al ribasso per i compiti più semplici che comunque costituiscono una buona parte del reddito di questi lavoratori.
Staremo a vedere cosa accadrà nei prossimi anni. E voi, cosa ne pensate?