Nostalgie e Rimpianti. Perché? Come non soffrirne
Tutti ne abbiamo, ma i rimpianti possono incidere negativamente sulla qualità della vita: conoscerli bene ci aiuta a superarli senza sforzi inutili
Molti usano indifferentemente il termine “rimpianto” in luogo di
“nostalgia”. Simili nella superficie, si tratta in realtà di due stati
d’animo diversi:
-
La nostalgia fa riferimento a persone, situazioni o cose effettivamente
esistite o accadute
-
Il rimpianto invece riguarda persone, situazioni o cose che, accadute o
meno, è impossibile anche solo immaginare di riprodurre. In genere si
tratta di eventi rimasti solo potenziali e senza una conclusione nella
realtà vissuta.
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Il rimpianto si concentra, ad esempio, su una persona con la quale si è
interrotto un rapporto di lavoro, di amicizia, di amore, oppure può
riferirsi a una vacanza che non è stato possibile fare, a un rapporto di
lavoro cui si è rinunciato ecc… Il rimpianto ha a che vedere con
l’impossibilità. Il rimpianto, specie per qualcosa che non
si è realizzata, è perciò più fastidioso della nostalgia ed è capace di
pietrificare il presente, tenendo lo sguardo rivolto nevroticamente
all'indietro.
La rabbia spesso è conseguenza di un rimpianto
Accanto al rimpianto c’è quasi sempre un sentimento di rabbia che, in
mancanza di un obiettivo individuabile, si rivolge contro la stessa persona
che rimpiange: in altre parole si tende a pensare che la colpa di quanto
accaduto sia esclusivamente nostra, senza tenere presenti le circostanze
che hanno accompagnato l’evento che causa rimpianto, ovvero il suo ricordo,
che in tal modo viene trasfigurato. L’irritazione può anche essere in parte
giustificata poiché magari quanto rimpiangiamo è effettivamente avvenuto o
meno a causa di un nostro comportamento. Può subentrare allora il rimorso
che produce pentimento: ma se quest’ultima trasformazione è positiva perché
può condurre al perdono e quindi al superamento del problema, il rimpianto
spesso non si trasforma in null'altro e rimane a tormentarci per molto
tempo.
Ci si libera dai rimpianti?
Non è facile liberarsi dal rimpianto, eppure è necessario provare a farlo
perché in caso contrario si è come un galeotto costretto a camminare con
una palla di ferro legata alla caviglia, ovvero manca la libertà di
scegliere di andare dove ci vuol portare il destino, il nostro destino.
Perché restare prigionieri quando è possibile essere liberi? Si può anche
domandarsi cento volte: “Ah, se avessi fatto, avessi detto…” Ma la parola
“se” ci conduce psicologicamente in un vicolo cieco. Senza dubbio ciò che
avrebbe potuto essere e non è stato costituisce una ferita che può far male
anche a distanza di anni ma è stato comunque il frutto di una nostra scelta
o di una nostra disattenzione. Bisognerebbe, per poter stare bene con noi
stessi e con gli altri, rallegrarsi di ciò che si ha e si può fare
“adesso”: se abbiamo raggiunto una qualsiasi cosa, cioè quello che siamo in
questo preciso momento, dobbiamo anche ringraziare quello che” non è
accaduto” tempo fa, siano mesi o anni…
Rimpianti uguale "torture"
Se il rimpianto si è trasformato in una raffinata tortura che ci
somministriamo a ogni piè sospinto, diviene impellente, se si vuole
rinunciare a rabbia, amarezza e frustrazione, quanto rimpiangiamo!
Facendosi ad esempio aiutare dall'immaginazione, si può vedere la persona o
la situazione che rimpiangiamo, con quanti più particolari possibili e man
mano osservarli rimpicciolirsi a fino a scomparire in un orizzonte azzurro
(può essere il mare o ciò che si vuole) che la porta via: si proverà un
grande senso di pace, che stabiliremo con noi stessi. Per riuscire a
camminare avanti, dove si trova il raccolto di ciò che seminiamo “adesso”,
occorre smettere di guardare indietro quando quello che si poteva prendere
è stato preso e dove è inutile voler seminare. Il rimpianto non fa crescere
alcuna pianta ma può avvelenare quello che è cresciuto nel nostro presente.
Il senso di colpa che si accompagna al rimpianto è come un abito intessuto
di ortica che indossiamo volontariamente: molto meglio per noi toglierlo!