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Con la "legge Ferragni" il mercato degli influencer in Italia è davvero sull'orlo della rivoluzione?
Secondo gli ultimi dati la pubblicità social, nel nostro Paese, vale oltre 320 milioni di euro. Ma davvero è un settore in crisi o c'è solo bisogno di regole nette per assicurare trasparenza ai followers?

Essere un influencer, un sogno di molti: una via di fuga da una realtà sociale che non dà sicurezze. I media e la realtà concreta, o almeno vissuta come concreta, testimoniano, anzi assicurano, un’assenza di futuro per i giovani. Questa una lettura. Un’altra, in fondo complementare, è “voglio fare l’influencer perché permette facili guadagni senza fatica”. Un po’ come negli anni ’90 fare le veline in televisione.

Link sponsorizzato

Facile dire che la verità stia nel mezzo. Ma è davvero così? In questa società dell’apparenza che diventa una società della disperazione, se non sei qualcuno non sei nulla. Questo rischio di scomparire sia dai radar social che da quelli sociali quante altre reali alternative dà ai giovani in termini di “sogno”? Lavorare duramente, studiare duramente non è più percepito come un mezzo per arrivare ad un “sogno”. Quanto è colpa della supposta poca propensione al sacrificio dei giovani, quanto è spinta da tutto quello che li circonda?

In queste condizioni essere Influencer è uno dei pochi sogni rimasti.

La star, la grande star italiana in questo senso è Chiara Ferragni. La gallina dalle uova d’oro. La Ferragni ha inventato un modo nuovo di essere Influencer. Non è fenomenale in nulla se non nell’essere un fenomeno. Abbastanza brava, abbastanza bella. Una via di mezzo tendente all’alto che ha rivoluzionato il mondo degli influencer.

Il caso del pandoro Balocco è illuminante in tal senso. Ora, da poche settimane, il governo ha approvato il DDL Ferragni, una norma per rendere più trasparente il rapporto influencer/beneficenza.

Questo metterà in crisi il lavoro (perché di questo si tratta, considerato il movimento economico che crea: 323 milioni di euro nel 2023) di influencer?

No, le cadute della Ferragni forse metteranno in crisi il suo brand, ma ormai siamo arrivati ad un livello troppo alto. Un content creator che mette in mostra un prodotto, ha ormai lo stesso valore di uno spot pubblicitario.

I content creators servono alla produzione e servono alle aziende. Fanno quello che fa uno spot, o meglio, quello che uno spot faceva nell’epoca d’oro della TV. Provano a convincere il pubblico dei social della validità di questo o quel prodotto.

L’introduzione di nuove regole diventa quindi necessaria come per qualsiasi lavoro. Il vero grande tema non è tarpare le ali agli influencer ma riconoscerli come lavoratori. Proprio come tali devono sottostare ad una regolamentazione.

Meno vie di fuga, meno sponsorizzazioni in nero, la necessità di segnalare al pubblico che quello che stai vedendo è a tutti gli effetti una pubblicità, come in Tv, quindi utilizzo dell'hashtag #adv. La maggior parte delle aziende paga un buon influencer con il budget pubblicitario.

Gli influencer devono diventare grandi. Se questo è il tuo sogno, sappi che se lo realizzerai allora avrai un lavoro. Che in fondo è quello di pubblicitario, e lo farai su TikTok, Instagram o su qualche nuova piattaforma a venire. Per cui possiamo dire che il mestiere di influencer in Italia è a una svolta, ma non certo negativa.



 Commenti (1)
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  1. cri_cri62, Udine (Friuli-Venezia Giulia)
    Degli evasori totali a tutti gli effetti (lo so perché ne conosco alcuni). È ora di regolamentare!!!


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