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La delicata arte di rispondere ai complimenti
Non bisogna essere bravi solo a farli, i complimenti, ma anche a riceverli perché ci vuole la giusta eleganza nel primo caso, ma pure nel secondo vanno adottate modalità espressive sobrie e di classe. Scopriamo che a volte solo un “grazie” è quello che ci vuole.

Anche rispondere ai complimenti richiede savoir faire poiché si corre il rischio di farsi condizionare da dinamiche psicologiche fuorvianti, quando la semplicità e la naturalezza di un “grazie” sono davvero le più adatte. Nel timore infatti di apparire presuntuosi o al contrario troppo umili si finisce per adottare comportamenti stereotipati i quali sortiscono proprio gli effetti che si volevano evitare. Quali sono le dinamiche che ci impediscono di accettare serenamente i complimenti? 

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  • Paura di sembrare vanitosi: si pensa che mostrarsi d’accordo con il complimento possa venire inteso dall’altro come una forma di vanità o di superbia e allora si tende a sviare il discorso con frasi che nulla hanno a che fare con l’oggetto dell’elogio. 
  • Voler evitare di sentirsi in debito: si tende spesso a pensare che se evitiamo il complimento azzeriamo in qualche maniera il debito verso il nostro interlocutore, in una sorta di tentativo di riequilibrare le parti. 
  • Desiderio di ripagare chi ci elogia: nel tentativo di mostrarsi gentili verso chi è gentile con noi si tende a propria volta a complimentarsi con l’altro per cose che lo riguardano. L’effetto finale però è spesso di goffagine e insincerità. 
  • Scarsa autostima: alla base di tutte queste reazioni c’è un sentimento di scarsa autostima che si acuisce proprio nel momento in cui qualcuno ci riconosce dei meriti o delle qualità; non ci sentiamo a nostro agio non solo perché non crediamo di meritare i complimenti ma abbiamo l’idea che accettandoli tradiamo la fiducia dell’altro nei nostri confronti. 
  • Diffidenza: e a corollario della disistima troviamo un sentimento di diffidenza verso l’altro nell’idea che se ci elogia avrà sicuramente un secondo fine dal momento che noi non meritiamo affatto gli elogi in questione. 

Tutti questi meccanismi mentali stanno a monte di un concetto semplice quanto basilare: l’immagine che l’individuo vuole proiettare all’esterno non è mai uguale a sé stessa ma cambia a seconda del contesto sociale. Il dover apparire in un certo modo soffoca il vero io interiore che non appare quasi mai, trovandosi esso nell’ultimo strato di una serie di atteggiamenti e di convinzioni stratificatesi nel tempo.

Quando basterebbe un semplice “grazie” per dimostrare il piacere semplice e sincero di essere gratificati dagli altri, ci inerpichiamo, inconsciamente il più delle volte, in pregiudizi fuorvianti su noi stessi in primis e sugli altri in secundis. È quindi sempre  più necessario per il nostro benessere interiore liberarci da questi pesi e non pensare di dover sempre dimostrare qualcosa.

Per tornare ai complimenti che si ricevono, non si dimentichi la delicatezza di estenderli anche a persone vicine a noi che abbiano contribuito in qualche modo al motivo dell’elogio, questo soprattutto in campo professionale ma non sempre, se è vero che dietro un successo individuale si nascondono il più delle volte l’appoggio e la collaborazione di altre persone vicine.

In conclusione, alleniamoci a ricevere i complimenti che meritiamo, e facciamolo abbandonando i meccanismi di difesa che continuamente ci portiamo appresso. Se qualcuno ci fa un complimento, spesso è mosso dal desiderio semplice e sincero di farci piacere. Non deludiamolo, accettiamo questo piacere! Solo così saremo davvero pronti a ricambiarlo quando sarà il momento.



 Commenti (1)
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  1. cri_cri62, Udine (Friuli-Venezia Giulia)
    Io di solito quando ricevo dei complimenti poi al primo specchio che incontro, o vetrina che mi rifletta. guardo con attenzione cos'ho che non va... Quelli invece che mi vengono fatti qui, da uomini non meglio identificati, senza che manco sappiano a chi davvero li stiano facendo mi fanno decidere di interrompere subito la conversazione e stop. Quelli che faccio io... mah... ne faccio pochi e casomai molto sentiti.


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