Secondo i giapponesi, per essere felici e stare in salute è necessario trovare il proprio scopo nel mondo e perseguirlo. Da qui un metodo per la ricerca del proprio “ikigai”.
Ikigai è un termine giapponese che significa, letteralmente, “valore (gai) della vita (iki)”, cioè “senso dell’esistenza”. Si riferisce a una filosofia nata secoli fa nel Paese nipponico e oggi in voga anche da noi perché considerato parte del segreto della longevità del popolo asiatico. Vediamo di che si tratta.
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L’ikigai, cioè il senso della vita, è qualcosa di davvero magico: è il nostro scopo, ciò che ci fa alzare dal letto la mattina e ci spinge ad affrontare tutte le difficoltà del quotidiano. Conoscerlo e seguirlo con dedizione significa garantirsi una vita piena, felice e anche sana. Secondo la medicina antica giapponese, infatti, non c’è benessere fisico se prima non c’è appagamento psichico. Anche le discipline moderne come la psicologia conservano, in Giappone, qualcosa dell’antica filosofia: secondo la psicologa Michiko Kumano il raggiungimento dell’ikigai coincide con un appagamento stabile e non transitorio. Non è, dunque, un piacere mordi e fuggi come potrebbe esserlo il sesso o il cibo, ma una condizione di felicità duratura e piena.
L’ikigai è individuale e ognuno deve trovare il proprio: per dirlo in termini un po’ mistici, si tratta di scoprire la propria “missione” nel mondo. Nel concreto, dedicarsi all’ikigai significa coltivare un’attività che si ama, nella quale si è bravi e che porta perciò soddisfazione a se stessi e agli altri.
Come trovare il proprio ikigai? Per gli orientali, la scoperta del proprio scopo si ottiene con la meditazione. Gli occidentali, però, hanno elaborato un metodo schematico che può aiutare a riflettere.
Si tratta di tracciare su un foglio di carta quattro cerchi, che abbiano dei punti d’intersezione tra loro. Al centro si trova quindi una zona che prevede l’unione di tutti i quattro insiemi. Dopodiché:
- Scrivere nel primo insieme tutte le cose che si è bravi a fare: possono essere attività derivate dall’esperienza lavorativa o scolastica ma anche hobby e sport.
- Nel secondo insieme, scrivere le cose che fanno sentire felici, vivi: alcuni termini potranno ripetersi. A dare gioia può essere un hobby, un certo tipo di lavoro, ma anche stare accanto al partner o uscire con gli amici.
- Nel terzo insieme, elencare secondo il parere personale ciò di cui l’umanità (o la propria comunità) ha bisogno: si possono scrivere parole generiche come sicurezza e pace sociale, o specifiche come un aumento dei presidi sanitari o la presenza di più forze dell’ordine.
- Il quarto cerchio, forse il più difficile da redigere, conterrà le cose per cui si crede di poter essere pagati: occorre includere abilità per le quali c’è un mercato attivo e concrete possibilità di guadagno.
Lo schema si può leggere in questo modo: all’intersezione tra i primi due insiemi, ciò che si è bravi a fare e ciò che porta piacere, si trova la propria passione; all’intersezione tra gli ultimi due insiemi si trova invece la propria missione. L’ideale sarebbe, naturalmente, che almeno una parola si ripetesse in tutti e quattro gli insiemi. Infatti il vero ikigai è qualcosa che allo stesso tempo appassiona, è utile, può portare guadagno e che si è bravi a fare.
Per la ricerca dell’ikigai lo schema che abbiamo proposto è utile, ma prima di approcciarsi ad esso occorre ripulire la mente dagli automatismi che la governano. Infatti, riprendendo un metodo che i giapponesi adottano costantemente, la scrittura delle parole sul foglio dovrebbe coincidere con un momento di meditazione. Se vogliamo che l’ikigai sia una rivelazione per noi, dobbiamo essere trasparenti e onesti nell’elencare le nostre qualità e le nostre vere passioni, non quelle imposte da altri.