Per rimettersi in piedi dopo un brutto momento occorre assumere l’esempio della fenice: la sua è una rinascita totale, non una “riforma”.
La capacità umana di rinascere dopo un momento di crisi è straordinaria. Tutti nella vita sperimentano una o più cadute, anche rovinose, eppure è altrettanto normale rendersi conto che dopo un po’ di tempo ci si è rimessi in pista e magari si sta meglio di prima. L’antica immagine della fenice, uccello leggendario che quando è divenuto vecchio e debole va in autocombustione per poi rinascere dalle sue ceneri, è eloquente di questo processo psicologico tanto comune.
Link sponsorizzato
L’adattamento e la risposta a condizioni difficili sono il miracolo della natura, che dona a noi come a tutti gli animali una capacità di resistenza al dolore, alla fatica, al pericolo e al lutto decisamente abbaglianti. Ma la rinascita, per essere veramente efficace, dovrebbe essere il più possibile “olistica”, completa. Che cosa intendiamo? Riprendendo l’immagine della fenice, essa non si limita a curare le proprie debolezze man mano che si presentano (un atteggiamento “riformista” nei confronti della propria vita) ma quando si sente a rischio si dà alle fiamme (fa una “rivoluzione”) e rinasce da zero, con la forma di un pulcino. Secondo alcuni psicologi, se la vita per lungo tempo non fornisce naturalmente delle battute d’arresto o grossi cambiamenti, bisognerebbe addirittura provocarli, proprio per incoraggiare questa salutare rivoluzione interiore.
La lezione della fenice in effetti è proprio questa: se si deve rinascere bisogna rivedere ogni cosa della propria vita, dalle persone che si frequenta ai sistemi di valori, dal lavoro alla routine quotidiana. Non necessariamente per ripartire si deve scartare ogni cosa del passato, ma ricalibrare gli equilibri è necessario. Molte persone, in effetti, sono convinte di rinascere dalle proprie ceneri ma in realtà se le portano dietro in forma di fobie, insicurezze, sopravvivenza di rapporti tossici e quant’altro. Le persone che rinascono per davvero sono in grado di tagliare tutti i “fili” che le uniscono a ciò che fa male.
Secondo lo psicologo-scrittore Tedeschi, la cosiddetta crescita post traumatica è un momento particolare nel quale il cambiamento positivo si accompagna al dolore. Secondo lui questa convivenza di sentimenti apparentemente incongrui è la vera chiave della forza straordinaria che l’essere umano libera per crescere e migliorarsi dopo un brutto momento.
Un quadro di crescita post traumatica, come è stato osservato dagli studiosi in molte persone (specie in pazienti o ex pazienti oncologici, per i quali la vita è stata a rischio), si compone di tre ambiti principali:
- Miglioramento dell’idea di autoefficacia: La rinascita di una persona che ha avuto un problema o una brutta notizia inizia subito dopo il fatto traumatico. Già l’essere stati in grado di reggere il peso dell’avvenimento incrementa l’idea di autostima, o meglio di autoefficacia, che con l’avanzare del tempo cresce ancora di più.
- Miglioramento dei rapporti interpersonali: Un’esperienza dolorosa permette di aprire gli occhi sulle persone che si ha intorno, specialmente osservando quanto sono disposte a stare accanto a un amico, partner o parente in difficoltà. Non è raro che nel momento della rinascita si dia, se non proprio un taglio, almeno una “potatura” ai rapporti meno positivi.
- Cambiamenti nella spiritualità/filosofia di vita: A volte il dolore può aiutare ad aprire gli occhi e ad approfondire la propria spiritualità, oppure ad adottare un approccio diverso nei confronti della vita, più prudente o più fiducioso in base alla situazione di partenza.
In conclusione, rinascere dalle proprie ceneri è un processo naturale che per essere però vissuto al meglio implica momenti di profonda riflessione su di sé, sui propri rapporti personali e sulla propria visione del mondo.